Come stiamo vivendo la pandemia? In sedici modi diversi. È quanto emerge da una ricerca dell’Università norvegese di Bergen, apparsa sulla rivista Humanities and Social Sciences Communications, che è riuscita a studiare e classificare ben sedici profili diversi di personalità, maturati nella convivenza col virus. Spiccano, tra questi, i negazionisti che tendono, con teorie il più delle volte infondate, a dubitare della scienza, mostrandosi poco inclini a mutare le proprie abitudini di vita.
I preoccupati, invece, “conoscono informandosi”: scacciano così la paura. I giovani spesso si reputano invincibili, stante la maggiore immunità di cui godono. Gli operatori sanitari appaiono veri guerrieri in prima linea. Gli accumulatori, pregni di ansia e panico, fanno uso smodato di sedativi e tranquillanti. Il contemplatore è un profilo neutro, piuttosto passivo: si limita a constatare e rimane il più delle volte in ombra. I diffusori sono coloro che puntano alla immunità di gregge, attraverso una rapida diffusione virale, che ci porterebbe alla preesistente normalità.
Chi trasferisce sugli altri i propri timori è il lamentoso. Non dà alcun fastidio, invece, la persona realista che, percependo la serietà del problema, fa di tutto per neutralizzarlo, accettando nuovi stili di vita. Sono molto simili i sostenitori e gli altruisti. I primi sono portatori di sostegno e solidarietà verso i propri simili. I secondi si mostrano specialisti nel donare conforto alle persone più deboli e agli anziani.
Ci sono pure profili che lasciano interdetti. Come quello dei danneggiatori che provano quasi piacere nel tossire o starnutire in pubblico. E quello degli sfruttatori che, cinicamente, realizzano i profitti del momento, sulla pelle degli altri. Per fortuna c’è anche l’innovatore che dalla stessa realtà riesce a tirare fuori buoni propositi per nuovi e lodevoli progetti.
Un profillo quasi serafico è quello del veterano che appare rodato, per esperienze vissute in precedenza, nelle vicende SARS e MERS. Potrebbero essere proprio i veterani a dissuadere le azioni vandaliche messe quotidianamente in atto dai cosiddetti ribelli. Che proprio mal digeriscono le restrizioni. Collocandosi ben oltre i confini del vivere civile. Si intuisce che la parola resilienza, così abusata in questo periodo buio, sia ancora dai più sconosciuta.